• 26 Ottobre 2016

Settecento bici, tante storie diverse, ma un unico grandissimo abbraccio… #NoiConVoi

Settecento bici, tante storie diverse, ma un unico grandissimo abbraccio… #NoiConVoi

Quando il gruppone si è infilato nel viottolo sterrato di quella che era nata come area industriale e in futuro diventerà probabilmente la nuova sede del paese scomparso, non tutti hanno avuto la percezione di quello che stava accadendo. Le operazioni di partenza erano state laboriose ed essendo in ritardo rispetto al programma non c’era stato il tempo di spiegare quello che avrebbero fatto di lì a poco. Gli annunci sul web non avevano evidentemente raggiunto tutti. Il cielo ancora grigio aveva appena smesso di spruzzare lacrime sulla strada.

pezzo4Lo stabilimento di Filotei, produzione di funghi e conserve, si ergeva (sfregiato ma non crollato) come il simbolo di coloro che resistono. Un gruppo di donne e ragazzi, con un cartello giallo e gli occhi lucidi, li aspettava infatti sul ciglio della strada. Un palo al centro del prato, con due sassi e una finestra mezza storta catturava l’attenzione senza che si sapesse cosa fosse. Poi qualcuno si è voltato e, sollevando lo sguardo verso la montagna, di colpo è ammutolito. Un passaparola silenzioso. Poi il silenzio…

Le rovine di Pescara del Tronto incombevano sulla strada. Pietre, tegole e travi divelte là dove un giorno c’erano finestre coi fiori e sguardi curiosi. La vecchia Salaria come un nastro srotolato nella scarpata. Muri frantumati con i quadri ancora appesi. Un gazebo, sotto cui magari quella notte qualcuno aveva cenato prima di andarsene a dormire al primo fresco. Mobili franati e tende ricamate su facciate in bilico…

Paolo Belli in prima fila ha smesso di fare battute e si è commosso, con le ferite dell’Emilia riaperte in un secondo nel petto. Quelle donne hanno deglutito a fatica il lutto e di colpo tutti hanno capito. Le loro bici li avevano portati silenziose e docili al centro del dolore. E nell’abbraccio successivo, spontaneo quanto vero, si è avuto il vero senso di #NoiConVoi.

noiconvoi-064-copiaErano le 11,45 del mattino. Si erano messi in strada dalla sera prima, seguendo la cometa di un ritrovo difficile da spiegare. Semplicemente volevano esserci. Era nato tutto nell’idea balzana d’una notte insonne, macinando il dolore e la voglia di fare qualcosa, adottata dagli amici e poi dagli amici degli amici. Il tam tam aveva permesso di creare la struttura organizzativa e di dare il via alla promozione. Grazie a un’insolita chimica, si erano uniti in un solo evento la solidarietà per le persone colpite dal terremoto, il rimpianto per le ferite di una terra bellissima, la voglia di dare un corpo alla paura che li aveva aggredititi attraverso i telegiornali, la voglia di esorcizzarla e mandarla via e la possibilità di farlo accanto ai campioni del ciclismo che, usciti per un giorno da vite lontane, si erano sobbarcati il lungo viaggio per portare in strada la loro umanità. I ciclisti, anche i più grandi, sono gente semplice, cresciuta nella fatica e sulla strada. Sanno riconoscere il dolore negli occhi di chi soffre, sono capaci di fermarsi per aspettare chi non ce la fa…

pezzo7-jpgBartoli e Petacchi, partiti alle sei del mattino dalla Toscana e come loro Sbaragli e Bettiol. Zanini, Nardello e Paolini in viaggio da Varese la notte prima. Visconti con sua moglie Kathy. Il vecchio Coppolillo, arrivato col treno e le bici assieme agli amici romagnoli e salito sui monti dalla sera prima. Bruno Zanoni, ultima maglia nera del Giro, a festeggiare alla vigilia il suo anniversario di matrimonio. Scarponi e Stacchiotti, i più vicini, portatori sani di buon umore. Marta Bastianelli, appena tornata dai mondiali di Doha, ma pronta a rispondere. Cataldo, arrivato dalla Svizzera. Valerio Conti con suo padre Franco. Pozzovivo, nientemeno che dalla Calabria con sua moglie Valentina. Piepoli, riemerso da anni di dannazione, assieme a suo figlio. Annalisa Rosetti, moglie del compianto Casartelli, nel segno d’una grande amicizia. Luca Panichi e la sua sedia a rotelle, compagna di imprese eroiche. Marina Romoli, una guerriera. Erano tanti e tanti altri si sarebbero potuti riconoscere nel gruppo, finché alle 11 (con quindici minuti di ritardo a causa delle tante iscrizioni da verificare) il gruppo si era messo in movimento, lasciandosi alle spalle la sontuosa e calda accoglienza dei ragazzi di Posta, capaci di aprire il cuore e le case alla massa di ciclisti provenienti da tutta Italia.

noiconvoi-018-copiaLa salita, lo spettro di molti, li aveva allungati subito portando a galla i limiti atletici ma non mettendo certo in crisi la voglia di tenere duro. Una sola scalata, poi sarebbe stata una lunga discesa fino alla città, che li aspettava in un fervido lavorare di professionisti e volontari. Il sindaco di Ascoli Piceno, che subito aveva aderito all’iniziativa, saliva sudando con la fascia tricolore sul petto e trasmettendo online video goliardici. Ragazzi dal volto arrossato cercavano di non darlo a vedere e stringevano i denti, mentre il gruppone allargato su tutta la strada macinava chilometri e raccoglieva risorse da offrire(50 centesimi per chilometro: un modesto tributo quando a entità ma prezioso aiuto per la presenza e lo spirito) ai sindaci di quei luoghi martoriati. Qualche automobilista nervoso blaterava dal finestrino, ma l’assenza di traffico e la giornata uggiosa alla partenza rendeva più agevole il compito dei motociclisti gialli che dal primo chilometro scandivano l’andatura del gruppo e in qualche modo ne disciplinavano il fluire.

Rocchino, di nome ma non di fatto vista la mole allegra e generosa, era caduto su uno di quei ponti malmessi che il terremoto aveva trasformato in trappole. Il piano stradale dei cavalcavia, come del resto tutta la montagna, si erano abbassati di una decina di centimetri e sebbene fossero ancora percorribili, occorreva fare attenzioni ai riporti di asfalto che creavano dei gradini all’ingresso e delle rampe di lancio in uscita.

Malgrado le avvertenze della vigilia, il ragazzone di San Salvo in provincia di Chieti, aveva perso la presa del manubrio e in uno di quegli infidi avvallamenti era finito violentemente al suolo, salvato dal casco e dall’intervento dell’ambulanza che, dopo aver ronfato dietro al gruppo in salita, guidava nervosamente in discesa avendo intuito la delicatezza di alcuni passaggi.

Non certo come nei suoi sogni migliori, il malcapitato abruzzese aveva superato tutto il gruppo, disteso sul lettino dell’ambulanza, con quattro costole rotte e il rimpianto per non aver potuto portare a termine la manifestazione cui si era iscritto di slancio con i compagni della Asd Ciclistica Valle del Trigno, di cui è il tesoriere e che gli sarebbe rimasta accanto fino a sera nel Pronto Soccorso.

noiconvoi-041-copiaScarponi rideva e posava per selfie in ogni posa. Paolo Belli il più richiesto. Il tandem di un padre con suo figlio dietro stantuffando veniva su. Una hand-bike. Erano circa in 700, ciascuno portatore di storie uniche e motivi speciali per essere lì. Domenico Paganica, arrivato dall’Aquila in bici e con il ricordo dell’altro mostro di sette anni fa. Gianluca Santilli, organizzatore della Gran Fondo di Roma, in cui già s’erano raccolti fondi per Amatrice. Valerio Capannelli, un junior originario di Vezzano, nel cuore del sisma, che quel mattino era uscito in bicicletta con un altro ragazzo che poi si era preoccupato per lui, non avendone più avuto notizie. Sara Ruggieri, tornata in bici per la prima volta su quelle strade dopo la maternità…
Gente diversa che non si era mai vista prima se non nella piazza virtuale di Facebook, da cui era uscita volentieri scoprendo il suono di voci vere e approfondendo il sapore di storie concrete. L’auto davanti scandiva l’andatura e la successione di curve, scarpate, boschi e scorci struggenti su paesi in apparenza intatti dalle scosse di quella notte, eppure da quella notte provati. Trisungo. Fava Lanciata. Quintodecimo e le sue rocce instabili. Acquasanta Terme. Santa Maria. Centrale. Mozzano e alla fine i due archi di Porta Romana…

L’arrivo ad Ascoli Piceno, fra i passanti incuriositi della domenica a pranzo, è stato il coronamento di tanti viaggi individuali attraverso il proprio paesaggio interiore. Gli occhi nervosi della partenza si erano fatti lucidi sotto le rovine di Pescara del Tronto, ma i chilometri avevano fugato la malinconia e adesso, nella Piazza Arringo in cui tutto avrebbe avuto conclusione, gli sguardi ridevano.

noiconvoi-102-copiaFermarsi. Guardarsi in faccia. Riconoscersi. Scambiarsi il telefono dopo la giornata assieme. Lasciare la bici al guarda… roba nel Comune. Fare la doccia tutti insieme, commentando il proprio andare come vecchi compagni di squadra. Mettersi in fila per un piatto di pasta, un secchiello di patate, un bicchiere di vino o una birra per brindare all’esperienza. E alla fine scoprire di non avere nessuna voglia di andare via, mentre il sole si era riappropriato del cielo, mostrando la città nel suo antico splendore.

Al tavolo dei campioni, canti allegri e un po’ sguaiati parlavano di un’antica amicizia, della grande disponibilità e della voglia di stare insieme di ragazzi che abitualmente condividono ben altre fatiche e tensioni e che senza il numero sulla schiena, si erano trasformati in una classe di monelli in gita scolastica.

Poi, quando i tegami dell’amatriciana sono stati vuotati e i bicchieri capovolti sui tavoli nel segno della misura ormai colpa, il lento spostarsi verso la stazione delle corriere ha scritto dolcemente, ma con mailnconia la parola fine sotto una giornata ricca di valori. Gli ultimi hanno continuato ad aggirarsi per il centro storico e nella stessa piazza, sotto lo sguardo di chi iniziava già a smontare le cucine. A bordo delle due corriere, stanchi e sazi, hanno ripercorso la strada al contrario e quando sono passati nuovamente sotto alle rovine di Pescara i più dormivano appagati. Gli altri si sono sporti e ancora una volta hanno fissato negli occhi quello scenario tremendo.

In una casa poco più in là, nel cuore di un paesino chiamato Vezzano, le persone che al mattino li avevano accolti davanti al monumento dei pompieri si erano radunate in una cucina al piano terra, cercando nel calore e nella vicinanza il coraggio per affrontare un’altra notte e domani un altro giorno. Mentre il silenzio tornava sulle montagne sconvolte, in ciascuno dei partecipanti di #NoiConVoi si faceva largo la sensazione di una giornata dalle tinte forti, la percezione di aver pedalato per qualcosa di utile. Mentre in chi mandava in archivio l’esperienza di un’organizzazione inventata dal nulla, cominciava a serpeggiare l’idea di combinarne un’altra. Cosa dite, avreste voglia di farlo ancora? L’altra notte, non riuscendo a dormire, c’è venuta un’altra idea…
Enzo Vicennati

GUARDA TUTTA LA GALLERY